No alla finanza di guerra

In un’epoca segnata da tensioni crescenti e sfide globali, la scelta di finanziare l’industria bellica solleva interrogativi profondi sulla direzione morale e sociale delle nostre economie. Il gruppo Banca Etica si oppone fermamente al sostegno finanziario di attività che promuovono il conflitto e la distruzione. 

Questo documento rappresenta un nostro chiaro impegno verso la promozione di una finanza responsabile e pacifica, che rifiuti di contribuire alla spirale di violenza. Il nostro studio, il cui executive summary si trova qui di seguito, approfondisce le ragioni per cui crediamo fermamente nella necessità di un ripensamento radicale delle politiche finanziarie tradizionali.

Gli investimenti in armamenti non solo alimentano instabilità e conflitti, ma distolgono risorse fondamentali da settori chiave come l’istruzione, la sanità e lo sviluppo sostenibile. Di fronte ai numerosi bisogni della nostra società, è essenziale interrogarsi sulla reale utilità di tali spese e sulla loro compatibilità con i valori di pace e cooperazione che dovrebbero guidare le nostre decisioni economiche.

Con questa pagina, invitiamo i nostri lettori a esplorare con noi le motivazioni di questa posizione e a riflettere sul potenziale di una finanza che operi come forza positiva per un futuro più giusto e pacifico. 

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/ La corsa al riarmo favorisce la sicurezza? O piuttosto alimenta i conflitti?

Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica

Mentre l’Europa naviga in un mare di incertezze geopolitiche, la crescente tendenza verso il riarmo solleva interrogativi fondamentali sul vero significato della sicurezza. Questa corsa agli armamenti, intensificata dalla recente crisi ucraina, sembra scontrarsi con i principi di pace e cooperazione che hanno guidato l’Unione Europea dal dopoguerra fino a oggi.

Riarmo nel XXI secolo: tra le lezioni della storia e i pericoli del presente

Il rafforzamento militare attuale porta con sé echi inquietanti del passato. Il riarmo, lungi dall’essere una garanzia di sicurezza, è storicamente collegato alla preparazione ai conflitti. Il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel promuove una “sicurezza strategica” che prevede un notevole aumento delle capacità militari europee. Tuttavia, come evidenziato dai dati, l’incremento delle spese per la difesa non ha sempre corrisposto a un aumento della sicurezza ma, al contrario, ha spesso preparato il terreno a nuove tensioni e instabilità.

L’impatto economico e sociale: un costo troppo alto

La decisione di aumentare la spesa militare, che si prevede raggiungerà i 290 miliardi di euro entro il 2025, rappresenta non solo un enorme impegno economico, ma anche una potenziale deviazione di risorse da settori fondamentali come l’educazione e la sanità. Il caso di Leonardo SpA è emblematico. Sebbene la società abbia beneficiato economicamente dallo spostamento delle sue attività verso il settore della difesa, ciò non ha impedito la riduzione del 24% dei suoi dipendenti in Italia, evidenziando una disconnessione tra spesa militare e crescita occupazionale sostenibile. Dal 2007 al 2022, infatti, gli occupati totali sono scesi da 42.666 a 32.327 nel settore aeronautico, dimostrando che l’investimento in difesa non si traduce necessariamente in benefici economici estesi.

Finanziamenti e futuro della difesa: una strada sostenibile?

L’attuale corsa agli armamenti vede anche un cambio di paradigma nel mondo degli investimenti, con un maggiore interesse verso le aziende di difesa. Tuttavia, questo interesse è spesso giustificato da una percezione di aumento delle minacce piuttosto che da una valutazione della loro reale incidenza. L’Europa si trova così a rischiare di alimentare un ciclo di militarizzazione che non garantisce né pace né stabilità durature.

Ripensare la sicurezza in un’epoca di sfide globali

L’Europa deve interrogarsi se il percorso del riarmo sia veramente quello che condurrà a un futuro sicuro. La storia ci insegna che la vera stabilità è raggiunta non attraverso il potenziamento degli arsenali, ma attraverso la diplomazia, la cooperazione e l’impegno verso soluzioni pacifiche. È tempo di esplorare vie alternative che rafforzino la sicurezza senza sacrificare i principi di pace e di sviluppo sostenibile che sono al cuore dell’ideale europeo. 

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